IL RISVEGLIO
- Leopoldo, piccolo mio ! - Disse affettuosamente Antenore, sollevando il capo e guardandolo fisso negli occhi. Sto pensando che io non ho mai visto un fiume, in questa campagna. Devi aver camminato molto prima di giungere qui!
E Leopoldo riprese a raccontare mentre Antenore, come se volesse ascoltarlo meglio, si accovacciò vicino a lui. In piedi, vicino al cavallo bianco, Leopoldo non gli arrivava neppure alla spalla, tanto quello era grande!
... Il risveglio non fu dolce; avevo avuto freddo, durante la notte, ed avevo rimpianto il calore che mi dava la mia mamma con il suo morbido mantello quando la sera mi accucciavo nel suo grembo.
Mi resi conto che avevo trascorso la mia prima notte da solo e che avevo perso la mia mamma. Non era più il ricordo delle peripezie del giorno prima, lungo il greto del fiume, che mi affliggeva ma il pensiero che avrei dovuto mettermi alla ricerca della mia mamma senza sapere da dove cominciare.
Con la luce del giorno, ora, potevo vedere bene che ciò che mi circindava era completamente diverso dal verde prato in cui, con la mia mamma, saltellavo il giorno prima.
Dietro alla casupola diroccata, in cui avevo dormito, si stagliava una grossa montagna e sulla sua cima si vedevano bene i pini, dritti come i fili del mio spazzolino.
- come può essere accaduto di risvegliarmi in un mondo nuovo? - mi chiesi. Non mi sembrava di aver percorso bel fiume, saltando tra le pietre, tanta strada e, poi, io paesaggio non era più lo stesso.
- qualcuno, un giorno me lo spiegherà - bofonchiai - adesso l'importante è che io ritrovi la mia mamma.
Quando cominciai a vagare per le campagne il sole era già alto; non avevo più freddo perchè i suoi caldi raggi penetravano nel mio mantello accarezzandomi la pelle.
Mi sentivo meglio e la certezza che presto avrei riabbraciato Lucrezia, la mia dolce mamma, mi risvegliò il buon umore e l'appetito. Il trifoglio c'èera ed io non ne lasciai un filo in un campo di cento miglia !
- già - disse Leopoldo ad Antenore - forse tu non sai che si chiama Lucrezia !
Antenore sorrise e parve che i suoi occhi luccicassero un pò. La storia di Leopoldo, si vedeva, lo commuoveva e ora si capiva che il suo animo era buono e che la sua grande statura era stata fatta solo per combattere i draghi e i prepotenti.
- sbrigati, figliuolo ! Dobbiamo fare presto qualcosa. Finisci il tuo racconto e andiamo !
... Camminai e camminai. Mi fermavo, ogni venti passi, e facevo un giro su me stesso per essere sicuro di aver guardato bene intorno e per dare sollievo alle mie stanche gambe.
Il sole era molto più alto quando d'un tratto vidi le pecore. Finalmente, da quando la mia mamma si era allontanata, vedevo un essere vivente. Erano tutte uguali come se fossero gemelle e non riuscivo a distinguerne tra loro una che potesse saperne di più.
- hai visto, per caso, un'asina grigia disperata? - chiesi ad una pecora che mi guardò mentre muoveva stancamente le mascelle ruminando l'erba.
- sei tu l'unico asino che vedo dallo scorso anno - mi rispose - questa è una landa desolata e non vi sono altro che pecore..
Ripresi il mio cammino, ripensando con nostalgia ai tempi passati, al giorno prima, quando niente esisteva per me oltre che la mia mamma, le fave, l'erba tenera ed il fiume.
Mi addormentai all'ombra di un carrubo, dopo averne assaggiato i frutti croccanti e profumati, ancora preso da quei pensieri, e sognai la mia mamma.
Aveva un cappellino di paglia sulla testa con due grossi buchi dai quali spuntavano le sue lunghe orecchie. Lo zio Oreste, suo fratello, che la prendeva sempre in giro, avrebbe detto che era buffa, ma a me sembrava una di quelle eleganti signore che vanno ai matrimoni per farsi ammirare. Era proprio bella e mi sorrideva, senza parlare.
Mi sembrò che non si fosse per nulla preoccupata della mia assenza, anzi che proprio gliene importasse un bel niente. E la cosa mi diede fastidio.
- mi hai lasciato solo - la sgridai - che quasi annegavo nel fiume e morivo di fame!
- ti sbagli, Leopoldo - mi disse -, la tua mamma non ti ha mai perso di vista un istante ed è sempre stata accanto a te.
Avevo sognato tutto? le pietre e la trota, l'Angelo e la gru o stavo sognando in quel momento?
Mi accorsi presto che la realtà era diversa quando bruscamente mi risvegliai al fracasso di un tuono. Il cielo era coperto di nuvole grigie, minacciose e cominciava già a piovere.
Le saette tagliavano il cielo a metà e i lampi illuminavano tutt'intorno che ormai era nero dal buio, piombato di colpo.
Corsi sotto la pioggia per miglia e miglia, senza incontrare nessuno, e la mia speranza, in quel momento, era solo quella di trovare la mia mamma oppure un riparo, per trascorrere la notte al sicuro. Non vedevo più nulla e incespicavo ad ogni passo nelle radici degli alberi che mi si aggrovigliavano ai piedi; approfittavo dei lampi per fare qualche saltello in avanti.
Giunsi stremato in un vasto pinoro sotto una fitta pioggia e vidi, alla luce di un lampo, una piccola casa, semidiroccata, che si stagliava contro quel cielo nero.
Aveva ai fianchi due muri di mattoni, bassi e luccicanti. Quando entrai mi sembrò che quelle braccia mi aspettassero e si richiudessero dietro di me, in un abbraccio.
- e poi? - gli chiese Antenore che aveva seguito il suo racconto con il fiato sospeso.
- mi addormentai - rispose Leopoldo - e non sognai !
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