ALLA RICERCA DI LUCREZIA
Antenore sollevò il capo e guardò Leopoldo negli occhi. Si leggeva, in quel piccolo volto, da una parte l'angoscia che lo aveva assalito e dall'altra parte la speranza che quel fortunato incontro gli aveva dato.
- tu sai dov'è la mia mamma, vero ? - chiese Leopoldo -
Antenore fu colto, per un attimo, dal panico. Non sapeva neppure da dove cominciare e quel piccolo asino credeva che di lì a poco egli lo avrebbe condotto tra le braccia di Lucrezia !
- certo, piccolo ... vedrai che presto la ritroveremo !
Si misero subito in cammino e Leopoldo cominciò a trotterellare dietro ad Antenore. Per ogni passo del cavallo l'asinello doveva farne cinque o sei ed Antenore sembrava non accorgersi della fatica che Leopoldo faceva a stargli dietro.
In verità Antenore sapeva bene che il suo passo era svelto, forse più di quanto Leopoldo volesse, ma la sua preoccupazione di mettersi subito alla ricerca di Lucrezia gli consigliava di non perdere tempo.
Temeva, in cuor suo, per la sorte di Lucrezia perchè aveva sentito parlare di gente che rapiva le bestie per venderle al mercato e se ciò fosse accaduto prima di ritrovarla non ci sarebbe stata più speranza.
- dove si va ? - chiese Leopoldo.
- andremo in città - rispose Antenore -, ho un amico, fa il maniscalco e si chiama Antonio.
Tutte le speranze di Antenore erano, in effetti, che il suo amico Antonio gli desse un aiuto ed era convinto che lui potesse sapere qualcosa per via del suo mestiere.
Antonio aveva conosciuto Antenore alcuni anni prima quando il cavallo abitava in città ed era al servizio di una facoltosa famiglia che possedeva un calesse.
Andava da lui una volta al mese e chiacchieravano un pò mentre Antonio gli metteva i ferri nuovi agli zoccoli.
Non vi era maniscalco così bravo nell'arco di mille miglia, ma Antonio era, più che altro, diverso dagli altri uomini perchè amava le bestie come fossero i suoi fratelli.
- ma puoi fidarti ? - chiese Leopoldo un pò preoccupato.
- è l'uomo più buono del mondo, vedrai, - rispose Antenore - e ci aiuterà a ritrovare la tua mamma.
Il sole aveva già oltrepassato la metà del cielo quando Antenore si fermò. Erano giunti in una fattoria abbandonata e che doveva esser stata bellissima. I muri, fatti di pietre chiare e squadrate, erano cadenti e l'edera intorno aveva preso il sopravvento abbracciando la casa come se volesse tenerla in piedi.
Quella era la fattoria dove Antenore portava i suoi padroni, in calesse, tutte le domeniche d'estate.
Erano stai tempi felici perchè lui, Antenore, era il beniamino di tutti ed in particolare della piccola Anna, la sua padroncina, che lo rimpinzava, di nascosto, a zollette di zucchero. Il sole che Antenore aveva stampato sulla fronte era per lei una cosa che la affascinava e che le faceva sembrare il suo cavallo il più bello del mondo.
Poi tutto era finito quando la fattoria era stata venduta. Antenore era stato rimesso in libertà ed il calesse era stato regalato al maggiordomo.
- hai fame ? - chiese Antenore.
- ne ho tanta da non vederci più - rispose Leopoldo.
Antenore mosse la sua grande testa, in un arco morbido ed elegante, e la sua criniera sembrò, dal basso ed agli occhi di Leopoldo, la coda di un aquilone al vento.
La direzione della testa del cavallo portò lo sguardo di Leopoldo verso la casupola, lontana cento metri, che sembrava lasciata intatta nel tempo.
Furono d'un balzo dentro e trovarono, come li aveva lasciati Antenore anni prima, biada a non finire e fieno profumato. E mangiarono a sazietà.
- è ora di andare, Leopoldo - disse improvvisamente Antenore - dovremo essere in città prima di sera.
Si misero di nuovo in cammino ma Leopoldo non riusciva a stare al passo di Antenore, tanto era stanco. Si fermava, ogni tanto, per riprendere fiato ed il cavallo fingeva di brucare l'erba per non dargli a vedere che lo aspettava con impazienza.
Quando giunsero in vista alle case era già tramontato il sole da un pezzo e le ombre allungate avevano lasciato il posto ad un paesaggio senza colori, con le case basse e disposte in due lunghe file.
- La casa di Antonio è laggiù, tra le ultime - disse Antenore - e siamo ormai arrivati. Si udì un frastuono di ferro e un rintocco di colpi forti e cadenzati e d'improvviso apparve, alla vista dei due stanchi animali, l'uomo.
Era curvo sull'incudine e non si accorse, subito, di loro.
Antonio era altissimo e magrissimo, aveva braccia enormi e sembrava che gli si fossero allungate, oltre misura, dal peso del grande martello che ondeggiava ad ogni clopo e si abbatteva sull'enorme incudine arruginita.
Un lungo grembiule di tela cerata, legato intorno alla vita con un laccio, copriva i suoi pantaloni lisi e scoloriti dal tempo e ai piedi portava grossi zoccoli di legno, quasi sentisse il bisogno di sembrare più alto.
Alzò gli occhi e li vide. Il suo sguardo su Antenore mostrò la gioia che provava nel rivederlo e quanto egli amasse quel cavallo, ma la curiosità superò ogni altro sentimento.
- chi sei piccolo ? - chiese a Leopoldo.
Ed Antenore gli raccontò la sua storia.
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