AGRITURISMO
APPARTAMENTI
VACANZA


Località Cian de Cà,18033 - Camporosso (IM)
Cell. +39-333-9999683
E-mail : lacasarosa.agriturismo@gmail.com

La Casa Rosa è una palazzina in pietra costruita nell'anno 1923, situata in pineta e circondata da bosco e campagne.

Ci sono, all'interno 3 appartamenti, tutti forniti di cucina o angolo cottura e terrazzo, spazio esterno o veranda, attrezzati per poter mangiare fuori.Appartamento girasole5/6 posti letto,appartamento musica 2 posti letto ed appartamento mare 4 posti letto.

Il nostro agriturismo è famoso per il relax, ma soprattutto per l'incredibile fresco che si riesce ad avere in piena estate, quando si rientra dalla spiaggia, che dista soli 3 km.

Non facciamo servizio di ristorazione.

Inoltre, per gli amanti del relax, abbiamo adibito un'area nel nostro giardino, attrezzata con Gazebo e zanzariere, dove poter offrire massaggi antistress, sportivi, drenanti o decontratturanti, riflessologia, Ayurveda o pietre calde, offrendo la nostra esperienza da ormai 15 anni.

La natura che circonda il nostro agriturismo ci offre ogni sera uno spettacolo meraviglioso, con il passaggio dei cinghiali o la visita di pennuti e volatili particolari.

Vicino al nostro Agriturismo c'è un meraviglioso Ranch, dove è possibile fare qualche lezione di equitazione oppure organizzare delle meravigliose passeggiate a cavallo, il tutto con una particolare agevolazione per i nostri ospiti.

La posizione geografica della Casa Rosa è davvero strategica: siamo a 2 km dal paese di Dolceacqua (paese medioevale) con mercatini biologici dove trovare prodotti tipici; a 7 km dal confine Francese dove poter visitare Mentone, Cap Martin e Monte Carlo e 20 km da Sanremo, la città dei fiori.

Di fronte al nostro Agriturismo vi è la nuova pista ciclabile che porta al paese di Dolceacqua o direttamente alla spiaggia di Camporosso Mare!


Immersi nella tranquillità della campagna, vi regalerete una vera vacanza in completo relax...



giovedì 1 gennaio 2009

Leopoldo - Capitolo 1

L'INCONTRO
Era un prato sterminato, una grande distesa verde costellata di puntini bianchi e gialli. Erano bellissimi fiorellini che si pavoneggiavano nell'erba.
 Il sole si era appena levato ed appariva come una palla rossastra all'orizzonte.
Laggiù, in fondo Leopoldo vide una sagoma familiare che ben poteva essere un asino, anzi un'asina.
- che sia la mia mamma? - si chiese colmo di speranza.
 Era passato tanto tempo da quando l'aveva vista l'ultima volta; certamente più di venti ore.
Aveva trascorso la notte in una vecchia casupola, mezzodiroccata, che aveva trovato nelle campagne alla ricerca della sua mamma. Non aveva chiuso occhio al pensiero di non trovarla più.
Quella sagoma, che si stagliava contro la luce abbagliante del sole, gli accendeva ora la speranza.
Vide che brucava l'erba perchè il suo lungo collo era curvo verso terra e di tanto in tanto alzava la testa come per guardarsi intorno.
 - mi sta cercando? - si chiese Leopoldo.
Cominciò a trotterellare verso quell'ombra ma più si avvicinava più lo assaliva l'angoscia: era troppo grande per essere un'asina. La sua mamma, lo ricordava bene, era grande, sì, molto più di lui, ma quell'ombra - ancora lontana - gli sembrò gigantesca.
-sarà forse un elefante scappato da un circo, oppure un drago!
Continuò a correre al trotto, ansimando dalla stanchezza; quel prato era troppo grande per le sue piccole gambe, non ne aveva mai visto uno grande così. Non aveva neppure fame altrimenti quell'erba tenera sarebbe stata deliziosa.
Si accorse presto che non era lei.
Il sole era già più di un metro sopra l'orizzonte ed illuminava bene tutto intorno.
Ecco cos'era! Un enorme cavallo bianco che pascolava tranquillo senza curarsi di ciò che accadeva vicino. Non sembrò neppure che si fosse accorto di lui.
Sua madre, invece era alta la metà ed il suo mantello era grigio, con una macchia scura, quasi nera, sulle ginocchia. Più o meno aveva dieci anni, così gli disse un giorno che gli parlò di sè e del suo babbo.
Il cavallo non si mosse d'un palmo e continuò a mangiare l'erba, che strappava delicatamente con le labbra.
Leopoldo si avvicinò, impaurito dalla sua mole ma nello stesso tempo incantato da quel suo modo di fare impassibile. Lo guardò bene, allora: era grande più di lui almeno venti volte, aveva un bel mantello bianco dal pelo lungo e soffice ed una coda tanto lunga da strisciare sull'erba.
La sua testa era enorme e gli apparve ancor più grande quando la sollevò, finalmente, per guardarlo.
Aveva sulla fronte un circoletto nero dal quale partivano alcune striature scure in tutte le direzioni. Sembrava, quel disegno, un piccolo sole stampato in fronte.
Lo guardò incuriosito e sollevò il grosso labbro superiore rivoltandolo verso le enormi narici e mostrando una fila di denti bianchissimi. Gli sembrò che ridesse.
-chi sei, piccolo? - Gli disse con un vocione tra il bonario ed il severo.
- mi chiamo Leopoldo - gli rispose - e sto cercando la mia mamma.
- io sono Antenore - disse bruscamente il cavallo - e non cerco nessuno!
Antenore lo guardò negli occhi ma il suo sguardo non gli sembrò poi così torvo, anzi mostrava una certa benevolenza che non corrispondeva al tono severo della voce.
Non gli sembrarono proporzionate neppure le orecchie, che erano piccole e dritte.
Leopoldo ricordava le sue, che un giorno aveva visto specchiandosi in una pozza d'acqua sulla quale si era affacciato per bere. Erano enormi, in confronto a quelle di Antenore, e dovevano anche essere pesanti perchè alle volte le sentiva ricadere indietro. Anche il suo mantello, come quello della sua mamma, era grigio, ma più chiaro, e non aveva le macchie sulle ginocchia.
- perchè sei solo e cerchi la tua mamma? - gli disse Antenore.
- perchè l'ho persa - rispose Leopoldo. E raccontò la sua storia.
.... Eravamo andati a scorazzare, ieri, mi pare, o forse avantieri, sul prato che costeggia il fiume; di tanto in tanto, per riposarci, ci fermavamo e brucavamo l'erba.
Era piovuto, durante la notte, e l'erba era fresca e saporita. Sembrava più morbida del solito e profumava di menta.
La mia mamma non mi perdeva d'occhio un istante ricordandosi di quel che era successo una volta quando al mercato si era fermata al banco dei legumi per fare provvista di fave; mi ero perso, giocherellando intorno, e solo dopo un bel pò di tempo ci eravamo ritrovati, per caso. Pra perciò si era fatta molto attenta e mai più mi avrebbe lasciato da solo.
... Eppure accadde, nel momento in cui udimmo un grido che veniva da quella capanna, di arbusti e foglie, che i cacciatori avevano costruito in fondo al viottolo: la mamma corse verso la capanna e la vidi scomparire attraverso l'angusta porta che appena appena le consentiva di entrare.
Trascorse molto tempo, la mia mamma non tornava ed io cominciai ad annoiarmi. Non mi piacque più neppure l'erba, che mi smbrò amara, e l'umido che veniva dal suolo mi diede fastidio ai piedi.
- e se faccio un salto al fiume? - mi dissi.
Pensarci e farlo fu tutt'uno.

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